giovedì 12 dicembre 2013

Comitato "no miasmi" Nettuno

Adesso chi progetta gli impianti biogas ci fa, oltre che piangere, anche ridere. Una recentissima delibera, concessa dalla Provincia di Latina/Regione Lazio nel territorio di Aprilia, ha dato il via, con estrema disinvoltura, alla realizzazione di un impianto biogas da 3 Mw, nonostante la presenza di presupposti tecnici che sono “tutti da ridere”. L’ assurdita’ di base è che il progetto non persegue il principale scopo che giustifica la realizzazione di una centrale a biogas: ovvero produrre energia elettrica da immettere nella rete di distribuzione nazionale. Tra le tante mistificazioni in materia biogas, infatti, non si era ancora visto il caso di un impianto di tali dimensioni che non riversi la energia prodotta nella rete di distribuzione di energia elettrica né riutilizzi l’ energia termica per teleriscaldamento ( i cittadini circostanti non la vogliono). Eppure, facendo gridare al miracolo, un impianto del genere è stato definitivamente approvato e entrera’ a breve in produzione, a meno che il Tar, a cui il Comune confinante si è appellato, si accorga dell’ incredibile vizio di fondo che fa vacillare l’ intero progetto. Ma vediamo in dettaglio cosa è accaduto: In accordo con quanto dichiarato nell’ Autorizzazione Unica, la rete di distribuzione Enel in media tensione, in questa area regionale, è satura. L’ Enel in sostanza non è attrezzata per recepire ulteriori apporti energetici. A questo punto, con un colpo di genio, i biogassisti hanno ridimensionato il progetto a modo loro: cioè, pur introitando sempre la stessa quantita’ annua di rifiuti, dichiarano che manterranno in esercizio soltanto due motori-alternatori, lasciando il terzo come riserva; il tutto per produrre solo energia per autoconsumo. Con questa configurazione, come comprendera’chiunque abbia conseguito la sola scuola dell’ obbligo, verra’ generata, inevitabilmente, una grossa quantità di biogas che restera’ inutilizzata rispetto alle ben piu’ limitate richieste dell’ impianto. Introitando sempre la stessa quantita’ di rifiuti, e tenendo in esercizio soltanto due motori-alternatori su tre, è banale concludere che il sistema dovra’, giocoforza, bruciare in torcia, con continuita’, il 33% del biogas prodotto. Questa inaccettabile condizione di marcia DARA’ LUOGO AD UN VERO E PROPRIO DISASTRO AMBIENTALE. E’ noto, oltretutto, che il gas bruciato in torcia di blowdown non ha adeguati abbattimenti di inquinanti, (come quelli, per intenderci, posti in uscita dal motore-alternatore) proprio perché se ne ipotizza una emissione in regime di “discontinuita’. Ma gli arguti proponenti, ritornati alla carica dopo le eccezioni formulate per quanto riguarda lo smaltimento dei gas in surplus in torcia, si sono fatti approvare dai competenti organi preposti l’ ipotesi di un regime di marcia con “disaccoppiamento del generatore” con l’ ausilio di PLC, al fine di smaltire il biogas in eccesso. In altri termini i proponenti dicono che utilizzeranno un regime che prevede la marcia dei motori senza produzione di energia. Per capirci possiamo utilizzare l’ esempio di un automobilista che, fermo al semaforo, metta in folle la vettura e pigi al massimo l’ acceleratore al solo scopo di bruciare benzina in eccesso. Si vede che il concetto di bilancio energetico non deve essere ancora ben entrato in mente ai tecnici proponenti un tale impianto biogas. I due sistemi di smaltimento , in torcia o nei motori , sono ugualmente inquinanti e per nulla ecologicamente verdi o nell’ ambito delle energie rinnovabili. Il corretto approccio al progetto sarebbe, viceversa, quello del downsizing dell’ impianto, ossia quello di ridurre la portata dei rifiuti in ingresso in modo da produrre il solo biogas necessario per l’alimentazione di due motori-alternatori, senza alcuna necessita’ di bruciare in torcia gas in eccesso , o far marciare a vuoto i gruppi motore-alternatore. La domanda è perché i proponenti ci tengano tanto a realizzare un impianto zoppo con una resa cosi’ bassa ed inquinante. L’ ovvia risposta è che i rifiuti introitati nell’ impianto sono remunerati a peso d’ oro e, pensare di limitarne la portata di un terzo, è per loro pura follia! Per i biogassisti non ha nessuna importanza il portentoso inquinamento connesso ad una siffatta impostazione.

sabato 10 agosto 2013

Anche il basso Lazio nell'incubo biogas/biomasse

Solo nei Comuni di Latina e Aprilia (la zona del Pontino) sono autorizzate o in stato di autorizzazione circa una decina di biogas/biomasse.
Il più grande Impianto di compostaggio del Lazio (Kyklos Gruppo Acea) con sede ad Aprilia ma agli stretti confini di Nettuno (Rm) è stato da poco autorizzato a centrale biogas (120.000 tonnellate/anno di rifiuti).
Il Comitato "No Miasmi" da tempo inoltra segnalazioni ed esposti alle Istituzioni ed alle Autorità. La Procura di Latina ha "un fascicolo aperto" anche per i riscontri del NOE sull'inquinamento delle falde acquifere e sta approfondendo.
Il Comune di Nettuno - con i suoi numerosi quartieri impregnati quotidianamento da disturbi odorigeni gravi - si è fatto promotore, coadiuvato dal Comitato suddetto, di un ricorso al Tar Lazio, la cui udienza dovrebbe essere fissata per il mese di settembre.
L'Acea detiene similare Impianto (Solemme) in Toscana, nel Comune di Monterotondo Marittimo (Gr).
Accade che le Società facciano "ricorsi" fra di loro: siamo alla "guerra santa della monnezza" per chi ne introita di più...e per far cosa? I Gestori sono obbligati a ulizzare per prima l'energia del fotovoltaico; molte Regioni sono già in surplus di energia e molti Comuni sono in assenza di progettazione per teleriscaldamento.